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03 agosto 2018

2018.08.03 - Di “Storpi” e di “Poveri Infelici”

Quando ero giovane, negli anni ‘70 del secolo scorso, per gli abitanti più anziani di un piccolo paesino arroccato sulle colline toscane dove abitavo, chi avesse avuto un qualsiasi problema fisico o mentale ricadeva di diritto in una delle due categorie specifiche: se era sordo, muto, cieco o aveva una malattia mentale entrava nella categoria “Povero Infelice”, chi invece avesse avuto un arto amputato o malformato, o se era costretto su una sedia a rotelle oppure con ogni altro grave difetto fisico rientrava nella categoria “Storpio”, senza distinzione di religione, colore o razza.

Chiaramente se avevi un problema mentale e un problema fisico eri “Un povero infelice storpio”.

Era ancora il tempo in cui lo spazino era “lo Spazzino” ed il bidello era “il Bidello” (con l’iniziale rigorosamente maiuscola).

Tutto questo era detto senza cattiveria (il politically correct era di là da venire): era un dato di fatto, una punizione mandata da Dio o dalla natura (secondo il credo religioso della persona) per peccati compiuti da chissà chi e chissà quando.

Per chi era ancora imbevuto dalla cultura contadina, chi non poteva, o non avrebbe potuto contribuire al bilancio familiare, era visto come un peso, una zavorra inutile, e per le famiglie a cui capitava era considerata una “Disgrazia”, “Che non se lo meritavano... una così brava famiglia” e si augurava alla “povera anima” una “rapida e indolore morte che lo rendesse finalmente  libero dagli affanni e dai patimenti della vita!”.

Con questi presupposti, crescendo, la tua più grossa paura non può che essere, in seguito ad un grave incidente o malattia, di rientrare in una delle due categorie (la seconda paura era quella di finire in carcere) e quindi conducevi una vita tra il timore di Dio e la più sfrenata incoscienza.

Gli anni passano e  capisci (e lo capiscono anche nel piccolo paesino arroccato sulle colline toscane) che la vita di queste persone può essere uguale alle altre e che possono vivere una vita lunga e felice (senza distinzione di razza, colore o religione).

Ma nel retrocranio quelle definizioni ti girano ancora e pensi: “non è che possano fare proprio tutto tutto”.

Poi un giorno arriva un certo Zanardi da Castel Maggiore, che perde sì dei pezzi, ma che decide che quello non è un limite, ma un punto di partenza per andare avanti! 

Ed uno pensa: “sì, vabbè, ma quello è Zanardi, con tutti i soldi che ha...!”.

Però non è che ne sei così sicuro.

Te ne rendi conto il giorno che, come fotografo, vai a seguire un evento strano all’Autodromo di Monza (regno degli sport motoristici): una gara di handbike sulla pista dove sfrecciano normalmente i bolidi di formula 1, con Alessandro Zanardi, Vittorio Podestà e un sacco di altri atleti (professionisti o dilettanti),  ma tutti rigorosamente o “Povero Infelice” o “Storpio”.

A quel punto capisci, che di quel quel mondo non ci hai capito un caz.., ops, niente, che quelle definizioni non vogliono dire nulla, e che la gara di handbike all’Autodromo di Monza diventerà un tuo appuntamento fisso.

Ad un certo punto il destino decide di ricordarmi che ho una certa età e mi becco una sciatica con i fiocchi, che mi porta ad incontrare per la prima volta volta un fisioterapista.

Ma non è un fisioterapista qualsiasi, è Daniele Cassioli (qui la storia del mio incontro con Daniele).

Tutto questo per ringraziare Daniele del bellissimo regalo che mi ha fatto: un libro che raccoglie tutte le imprese e le storie dei nostri straordinari atleti italiani paraolimpici. Veri Everyday Eroes!

E che le categorie “Storpio” e “Povero Infelice” esistono solo nella mente di chi non sa guardare OLTRE.

Libro Annuario dello Sport Paraolimpico

02 agosto 2018

2018.08.02 - Non tutti i mali vengono per nuocere...

... ovvero come ho conosciuto Daniele Cassioli.

Quando sei sovrappeso e vecchio, la tua schiena ti viene a chiedere il conto, sia sotto forma di dischi intervertebrali che assumo forme di fantasia e sia ricordandoti che il nervo sciatico esiste, praticamente andando a paralizzare una gamba.

Quindi visite mediche, risonanze magnetiche, assunzione in dosi da cavallo antinfiammatori (iniezioni, supposte, pillole e sotto ogni altra forma che la farmacologia abbia deciso di dare alle medicine).
Quando il dolore decide che in fin dei conti sono una persona noiosa, la visita con il neurochirurgo mi indirizza, prima di tagliare qualsiasi cosa, verso una controllo con un fisioterapista.

Prenoto la visita e, casualmente mi tocca un certo Daniele. Il suo studio è tappezzato di foto in cui scia (sulla neve e sulle onde), varie coppe in una bacheca, attestati vari, una foto con Totti. E qui subito la mia prima figura di merda: gli passo gli esami e mi dice “Scusa me li puoi leggere? Io non ci vedo”.

Allora le foto, i trofei e gli attestati assumono un significato diverso, ma non so ancora quale.

Tornato a casa, su Google, scopro che Daniele, non è un Daniele qualsiasi, ma è Daniele Cassioli, un campione di sport ed di umanità.

Da qui a chiedergli se potevo scattarli delle foto il passo è stato breve. (Sì ha accettato!)
E finalmente a luglio, insieme a mia moglie Paola, siamo andati a trovarlo al Parco Nautico del Sesia (non senza aver fatto prima una sosta a Vicolungo), dove conosco Alessia, Sabrina e tutti i loro amici e ...

Continua...

Daniele in azione mentre sorge dalle acque

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